Perché quando cerchi la tua azienda su Google compaiono i competitor?

Perché quando cerchi la tua azienda su Google compaiono i competitor?

Una scena familiare

Se sei un imprenditore, probabilmente ti è già capitato. Scrivi il nome della tua azienda su Google per verificare la tua presenza online. Ti aspetti di vedere il tuo sito al primo posto, magari con la tua scheda Google Business subito di fianco.
E invece… sorpresa: sopra il tuo risultato appaiono gli annunci di altre aziende, spesso concorrenti diretti.

La prima reazione è sempre la stessa: rabbia, fastidio, smarrimento. “Ma come? È il mio nome! Perché devo vedere loro e non me?”.
La risposta, purtroppo, è semplice: funziona così. Google non è un elenco neutrale: è un’asta pubblicitaria. E chi paga, può comparire anche sulle ricerche dei tuoi clienti.

Perché succede davvero?

Dietro questo fenomeno ci sono due dinamiche precise.

1. Strategie dei competitor: il “conquesting”

Molte aziende scelgono deliberatamente di fare pubblicità sul nome dei propri concorrenti. È una tecnica chiamata conquesting.
In pratica, intercettano un cliente che ti stava cercando, e provano a portarlo da loro.
È come se un rivenditore aprisse un banchetto proprio davanti al tuo negozio, con un cartello che dice: “Guarda qui, stesso prodotto ma con sconto del 20%”.

2. Meccanica dell’asta di Google

Google Ads funziona come un’asta continua. Se tu non investi per presidiare il tuo brand, Google può decidere di mostrare annunci di aziende che vendono prodotti o servizi simili ai tuoi.
Non è un “furto”: è la logica della piattaforma. Se non occupi quello spazio, lo occuperà qualcun altro.

Perché è un problema serio?

Molti imprenditori, la prima volta che lo notano, minimizzano: “Vabbè, tanto chi cerca me non ci casca, clicca comunque sul mio sito”.
In realtà, non è così semplice. Ecco perché:

  1. Perdi clienti già pronti
    Chi digita il tuo nome non è un curioso: è una persona già convinta, pronta a chiamarti, compilare un form o acquistare. Se trova un concorrente sopra di te e l’offerta è allettante, la tentazione di provarlo è fortissima.
  2. Vanifichi gli altri investimenti
    Magari hai speso mesi (e budget) in fiere, passaparola, social, attività offline per far conoscere il tuo brand. Se nel momento della ricerca finale il cliente clicca sul concorrente, tutto quel lavoro viene bruciato.
  3. Danno d’immagine
    Se non compari subito, il cliente può pensare che la tua azienda non sia solida, che il sito non funzioni o che tu non sia “aggiornato”. Non è vero, ma la percezione conta.

Un esempio concreto

Immagina un ristorante molto noto in città.
Un cliente digita il nome del locale su Google per prenotare. Ma il primo annuncio che appare è quello di un altro ristorante, con scritto “Menù più conveniente, parcheggio gratuito”.
Se anche solo 1 cliente su 10 si lascia convincere, in un mese possono essere decine di tavoli persi.

Trasla questo esempio in settori dove i contratti valgono migliaia di euro (impianti, consulenze, servizi B2B) e capisci subito quanto può costare non proteggere il proprio brand.

La voce dell’esperto

“Molti imprenditori si accorgono del problema solo quando lo vedono con i propri occhi, cercando il nome della loro azienda su Google. In realtà i competitor spesso li stavano già intercettando da mesi”, spiega Luigi Virginio, consulente Google Ads.
“Il rischio maggiore non è tanto il clic perso, ma il cliente pronto a firmare che cambia idea all’ultimo momento. Per questo la protezione del brand online non è un lusso, è una necessità”.

Come si chiama la soluzione: brand protection

La difesa più efficace si chiama campagna di brand protection.
In pratica, significa investire una piccola parte del budget pubblicitario per garantire che il tuo annuncio compaia sempre quando qualcuno cerca la tua azienda.

Molti imprenditori obiettano: “Ma se il mio sito è già primo nei risultati organici, perché devo pagare?”.
Perché organico e annunci non sono sullo stesso piano:

  • L’annuncio è più in alto, quindi cattura subito l’occhio.
  • L’annuncio ti consente di aggiungere estensioni (indirizzo, telefono, offerte, link rapidi) che aumentano i clic.
  • L’annuncio è controllabile: puoi scegliere cosa comunicare e come.

Quanto costa proteggere il proprio brand?

Qui arriva la buona notizia: spesso molto meno di quanto immagini.
Chi cerca il tuo nome ti conosce già, quindi i tuoi annunci ottengono un punteggio di qualità alto e il costo per clic è basso. In tanti settori, bastano poche decine di euro al mese per mettere in sicurezza il brand.

Eppure, il ritorno è enorme: difendi clienti pronti a scegliere te, eviti di regalare vendite ai competitor e mostri un’immagine solida.

Perché serve un esperto?

A questo punto, la domanda è: “Va bene, ma non posso impostare la campagna da solo?”.
In teoria sì, in pratica no. Anche una campagna apparentemente semplice ha tanti dettagli che, se trascurati, fanno la differenza:

  • scegliere le parole giuste,
  • scrivere annunci davvero efficaci,
  • monitorare chi ti attacca e con che forza,
  • ottimizzare costi e visibilità nel tempo.

Sbagliare uno di questi passaggi significa spendere inutilmente o lasciare comunque spazio ai concorrenti.
Ecco perché affidarsi a un esperto Google Ads non è un lusso, ma una tutela per la tua azienda. Un professionista sa leggere i segnali, capire come si muovono i competitor e garantire che il tuo brand sia sempre protetto.

E se volessi usare la stessa arma dei competitor?

Alcuni imprenditori, quando scoprono il fenomeno, reagiscono così: “Se loro comprano il mio nome, allora compro il loro!”.
Si può fare? Sì. È la stessa logica del conquesting: apparire quando un cliente cerca il brand di un concorrente.
È una strategia aggressiva che può avere senso in alcuni contesti, ad esempio se il tuo brand è nuovo e vuoi farti conoscere. Ma richiede investimenti più alti e non può sostituire le campagne fondamentali.

Insomma, può essere un’opzione tattica, non la tua colonna portante.

Errori da evitare

Molti imprenditori, nel tentativo di risolvere la situazione, cadono in errori comuni:

  • Ignorare il problema: pensare che “tanto chi cerca me non clicca sugli altri” è illusorio.
  • Affidarsi al fai-da-te: senza esperienza, rischi di spendere troppo o impostare male la campagna.
  • Usare strategie aggressive senza criterio: puntare solo sul conquesting può bruciare budget e portare pochi risultati concreti.
  • Fermarsi al primo risultato: difendere il brand è necessario, ma serve inserirlo in una strategia più ampia di visibilità e acquisizione clienti.

La verità da imprenditore a imprenditore

Il mondo digitale non è una passerella di gentilezze: è un’arena competitiva. I tuoi concorrenti non si faranno scrupoli a intercettare i tuoi clienti più caldi.
Sta a te decidere se lasciarli fare o se difendere la tua azienda.

La brand protection non è una moda: è una forma di assicurazione sul tuo lavoro, sui tuoi investimenti e sulla tua reputazione.

E, come ogni assicurazione, costa poco rispetto al danno che ti evita.

Conclusione

Quando digiti il nome della tua azienda su Google e vedi gli annunci dei competitor, non stai assistendo a un’anomalia: stai vedendo all’opera una strategia precisa. La buona notizia è che puoi contrastarla in modo semplice, spendendo poco e ottenendo molto.
La differenza sta nel non improvvisare: chi si affida a professionisti riesce a blindare il proprio brand e a trasformare un rischio in un vantaggio.